giovedì 31 ottobre 2019

L'uomo di domani

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La società educa le persone a essere violente con gli altri e a reprimere la loro rabbia innata; per coloro che non possono farlo, la società esercita il suo potere coercitivo e punitivo su di loro. 
In questo modo, sulla base del falso concetto che gli esseri umani sono violenti per natura, le strutture di potere e violenza si perpetuano.



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La visione del mondo su cui poggia la comunicazione non violenta come lingua di un Nuovo Mondo, il Regno di Dio che Gesù è venuto per portare nel mondo, è che Dio ha creato tutte le cose buone. L'autore del libro della Genesi ci mostra un Dio che si rallegra in ogni realtà creata dicendo:
 "E Dio vide che era buono" (Genesi 1).  
Se tutto è buono, allora quanto più l'uomo è creato a immagine e somiglianza di Dio stesso, il creatore di tutto (Genesi 1:26).

Oltre a teologi come Walter Wink, Image result for walter wink 
Paul TillichImage result for Paul Tillich 
 e Teilhard de Chardin,Image result for Teilhard de Chardin 
 Rosenberg Image result for rosenberg psicologofu anche molto influenzato dal suo insegnante Carl Rogers, Image result for carl rogers
il grande maestro della psicoterapia non direttiva, incentrata sulla persona.

In un articolo scritto alla fine della sua vita, Rogers ha descritto l'umore dell'uomo di domani. 

Le sue previsioni si sono dimostrate corrette e le sue idee continuano ad essere attuali e stimolanti e dovrebbero aiutare a determinare quale visione del mondo dovrebbe guidare il nostro pensiero.

 Pertanto, l’uomo di domani,Image result for Teilhard de Chardin


  • sarà aperto al mondo interiore ed esteriore, a nuovi modi di essere, a vedere nuove idee e concetti. 
  •   sarà diffidente della scienza e della tecnologia volte a controllare il mondo della natura e delle persone.
  •   cercherà nuove forme di comunicazione, vicinanza e intimità.
  • avrà considerazione per gli altri e un rispetto positivo e benevolo; quando aiuta, lo fa in modo gentile e cortese, non morale e non giudicante.
  • per quanto riguarda l'ecologia, si allearà con le forze della natura, non in guerra per la loro conquista.
  • sarà ostile alle istituzioni inflessibili e burocratiche altamente strutturate; con la consapevolezza che le istituzioni esistono per servire le persone e non viceversa.
  • sarà diffidente nei confronti di autorità esterne che sono moralmente autonome, ovvero confidano nelle proprie esperienze e coscienza morale per dare giudizi di valore che potrebbero andare contro leggi che sono considerate ingiuste.
  • sarà persona spirituale, cioè  che cerca di trovare significato, visione e ragione di vita più grandi dell'individuo e persino della vita stessa.

martedì 29 ottobre 2019

Il linguaggio della Pace

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“Io sono venuto perchè abbiano la vita e l’abbiano in sovrabbondanza”. (Giovanni 10:10)

Come disse Mahatma Gandhi, "Dobbiamo essere il cambiamento che vogliamo
 vedere nel mondo".

Ho appreso per la prima volta questo tipo di comunicazione in un campeggio nonviolento in sicilia e ho realizzato rapidamente il potenziale che questa teoria ha di trasformare la vita degli individui, e infine la società e il mondo nel suo insieme.


Secondo il suo fondatore, Marshall Rosenberg, qui non si tratta solo di 
comunicazione, o di non violenza. Più che una semplice teoria o tecnica,
 è una filosofia di vita completamente nuova e un nuovo modo di comunicare
 basato su una nuova visione del mondo, ovvero un modo completamente nuovo
 di pensare, sentire e guardare la vita, e tutto ciò che la riguarda.

Marshall Rosenberg (1934-2015) era un ebreo americano laureato in Psicologia Clinica, ma all'inizio della sua carriera come psicoterapeuta, si rese presto conto che l'analisi, la psicoanalisi e la diagnosi di rabbia e altri problemi psicologici che le persone gli presentavano non conducevano ai cambiamenti che lui e i suoi pazienti desideravano e di cui avevano maggiormente bisogno. Rosenberg si rese conto che il problema era più sistemico che specifico per questa o quella persona, e per questo motivo anche la soluzione ai problemi doveva essere sistemica.
 
La comunicazione non violenta si sforza di essere un modo alternativo di
 comunicazione, un linguaggio tutto nuovo per affrontare la violenza 
individuale e sociale e creare una nuova cultura, un nuovo mondo, il 
 
Regno di Dio sulla terra in termini cristiani. Nel frattempo, siamo 
consapevoli che la lingua che usiamo dall'inizio della civiltà è violenta,
 perché siamo violenti, non per natura ma per educazione. Siamo violenti, 
perché cresciamo e siamo educati in una società le cui strutture e 
istituzioni sociali sono basate su una visione del mondo e una cultura violente.

Il successo dell'utilizzo di questo processo in psicoterapia ha spinto Rosenberg a condurre dei seminari raggiungendo così molte più persone. Da quel momento in poi, il fondatore della comunicazione nonviolenta ha viaggiato in tutto il mondo per insegnare e indurre le persone a parlare questa nuova lingua, specialmente nelle aree di conflitto. Il successo è stato enorme. Tutti coloro che entrarono in contatto con questo ipo di comunicazione prima o poi si resero conto di aver vissuto in errore e sorrisero speranzosi alla possibilità di vivere una vita più piena, più genuina e più felice.


Come siamo chiamati a vivere
“Come eletti di Dio, santi e amati, rivestitevi di compassione, gentilezza, umiltà, mansuetudine e pazienza. Abbiate pazienza e, se qualcuno ha una lamentela contro l'altro, perdonatevi l'un l'altro; così come il Signore ti ha perdonato, così anche tu devi perdonare.”
(Colossesi 3:12-13)

Rosenberg si rese conto che stava affrontando un problema globale, una domanda che gli era venuta in mente: come dobbiamo davvero vivere? Dato che non si poteva rispondere a questa domanda nel campo della psicologia, si rivolse alla religione. In tutte le religioni che ha studiato, vi ha trovato la parola compassione; così, è giunto alla conclusione che siamo fatti per vivere compassionevolmente con noi stessi e con gli altri.
 
Nella tradizione giudaico-cristiana, la compassione di Dio per il suo 
popolo è incondizionata (Isaia 54:10). Per Gesù, era naturale provare 
compassione per le persone che attraversavano il suo cammino; è per 
questo che Gesù provò compassione per le moltitudini che camminavano 
come pecore senza pastore (Matteo 9: 35-38) e per i due ciechi seduti 
ai margini della strada della vita, incapaci a causa della cecità di 
parteciparvi pienamente (Matteo 20: 29-34).

I concetti e gli strumenti della comunicazione non violenta sono progettati per aiutarci a pensare, ascoltare e parlare in modi che suscitano compassione e generosità dentro di noi e verso gli altri. Il linguaggio nonviolento ci aiuta a interagire in modi che ci portano a sentirci più vivi, genuini e solidali.

Il modo di pensare e le tecniche necessarie per vivere compassionevolmente sono molto diversi dai modi in cui ci è stato insegnato nel corso dei secoli.


Come abbiamo vissuto 

Senza nemmeno accorgercene, lungi dal comunicare compassionevolmente con
 noi stessi e con gli altri, abbiamo usato un linguaggio offensivo e 
violento: ferisce, provoca e alimenta i conflitti. Il linguaggio che 
la maggior parte degli esseri umani usa è un linguaggio statico, basato
 sull'abuso e l'abuso di verbi statici,usati per giudicare, interpretare,
 
 diagnosticare, classificare ed etichettare le persone che incontriamo. 
Abbiamo la cattiva abitudine di evidenziare i difetti degli altri, di dire
 loro cosa c'è di sbagliato in loro e di dare loro consigli su come dovrebbero
 essere.
Sin dai tempi antichi, abbiamo usato un linguaggio che promuove il conflitto interno ed esterno, la guerra fredda o aperta, l'aggressività passiva o esplosiva e quindi viviamo in un mondo di sfruttatori e sfruttati, padroni e schiavi, dominanti e dominati - né uno né l'altro è felice; né i promotori né i malati di guerra vivono in pace; come dice il proverbio, "Coloro che vanno in guerra, cedono e apprendono (violenza)".
 
Siamo stati educati in strutture di potere in cui alcuni si giudicano superiori
 agli altri, appioppandosi a se stessi la prerogativa di etichettare ciò che
 è buono o cattivo, giusto o sbagliato, giusto o ingiusto, adeguato o inadeguato.
 Coloro che si sottomettono e obbediscono alle regole imposte loro sono chiamati 
buoni, quelli non disposti a sottomettersi o ribellarsi contro le regole sono 
chiamati cattivi. La giustizia in questo mondo è retributiva; i buoni, coloro 
che obbediscono, vengono premiati e i cattivi, quelli che disobbediscono, 
vengono puniti. La comunicazione empatica si confronta ed espone questo errore
 nel linguaggio e nel comportamento alla base di questa visione del mondo.


Un linguaggio che valuta ed etichetta
I tempi in cui possiamo osservare senza dare un'opinione, una nostra valutazione o un giudizio non accadono molto spesso. La nostra cultura è abusiva perché siamo dipendenti dall'etichettatura e dall'inquadratura di tutto ciò che osserviamo. Perché se uno ad esempio ha ucciso un cane, ora tutti lo chiamano un killer di cani, e così via, mettiamo etichette su tutto e tutti quelli che vediamo: così diventa egoista, pigro, vanitoso, cattivo, bugiardo ...

Questo è l'uso e l'abuso del verbo per legare le persone a un'identità statica e impedire loro di crescere, scoprire e cambiare nel loro vero io. Col passare del tempo, i nostri occhi si rannuvolano di pregiudizi che ci accecano come cataratte della realtà, fino a quando finiamo solo per vedere ciò che vogliamo vedere e sentire ciò che vogliamo sentire.






Una linguaggio che nega la responsabilità e la capacità di scegliere 
L'uso e l'abuso, con noi stessi e con gli altri, di espressioni come "Devo fare questo o quello che mi piaccia o no" e "È mio dovere fare una cosa del genere ..." rimuovono la nostra libertà e ci rendono schiavi del dovere e soggetti a qualcosa che non è di nostra scelta.

La negazione o l'abdicazione della nostra scelta e capacità decisionale ha il risultato immediato di negare la responsabilità per gli atti che commettiamo. Dato che non è davvero la nostra scelta, non rispondiamo né ci sentiamo responsabili per quello che facciamo.

In questo stato d'animo, milioni di ebrei furono assassinati nelle camere a gas durante la seconda guerra mondiale mentre quelli che li uccidevano si difendevano in tribunale dicendo che stavano solo seguendo gli ordini, desensibilizzandosi così alle atrocità che avevano compiuto. Oggi usiamo lo stesso metodo quando diciamo: sono ordini dal capo, è la regola o la costituzione o la politica aziendale ...


Un linguaggio coercitivo che minaccia colla punizione
Le persone che sono costrette a fare cose per paura di essere punite o per vergogna o colpa, si sentono degradate, quando si rendono conto che qualcuno può punirle e farle soffrire se non rispettano.

Coloro che sono costretti a svolgere determinati compiti, anche quando sono ben eseguiti, così come quelli che li hanno richiesti con minacce di punizione, pagano un prezzo molto alto perché la violenza può solo generare violenza; sulla strada della violenza, il dare e ricevere compassionevoli non possono mai essere raggiunti.


Un linguaggio che seduce coi premi
Lo stesso si può dire quando un compito da svolgere è motivato da una ricompensa che desideriamo e ci aspettiamo di ricevere. Anche in questo caso, il motivo non è la compassione, né la gioia di contribuire al bene degli altri. Fare qualcosa per ricevere ricompensa non proviene dall'energia che mira ad arricchire la nostra vita e quella degli altri.

Chiunque fa qualcosa per essere pagato, smetterà di farlo una volta che la paga si ferma; mentre "chi corre per la gioia di correre, non si stanca". Sia i compiti motivati ​​dai premi, sia i compiti motivati ​​dalla punizione sono violenti; poiché nessuno dei due è volontario, cioè, per libera scelta, non arricchisce la vita di chi li ordina né arricchisce la vita di chi li esegue. Al contrario, impoveriscono la vita di entrambi perché stabiliscono relazioni umane di disuguaglianza che nascono dalla violenza generando così più violenza.

Viver compassionevolmente
La lingua è l'interazione tra parole e concetti; l'intelligenza è l'interazione tra i neuroni. Nel corso di milioni di anni di evoluzione umana, il linguaggio e l'intelligenza si sono evoluti in parallelo. È impensabile che esista l'intelligenza senza linguaggio e linguaggio senza intelligenza. Un bambino impara a parlare e con questo apprendimento è, allo stesso tempo, educato; l'istruzione non sarebbe possibile senza l'uso della lingua.

Potremmo considerare di cambiare prima la nostra vita e solo dopo apprendere una nuova lingua adatta a questo nuovo modo di vivere. Tuttavia, poiché il bambino viene educato allo stesso tempo, impara a parlare, abbracciamo la conversione, cioè integriamo questa nuova visione del mondo e questo nuovo modo di vivere, mentre adottiamo e usiamo, con noi stessi e con gli altri, questo nuovo linguaggio che è implicito in esso.

Impariamo e usiamo il linguaggio della non violenza e il resto seguirà. Questo è ciò che ha fatto sì che Rosenberg abbandonasse la pratica privata in psicoterapia e invece, prendesse la strada correndo seminari da una città all'altra insegnando questa nuova lingua e tutti coloro che l'hanno appresa hanno visto i loro problemi risolti e sperimentato una "metanoia" - un cambiamento di mentalità - seguito da un cambiamento di vita, senza la necessità di alcuna psicoterapia basata su analisi o psicoanalisi.

 
Alla base di tutte le azioni umane, ci sono esigenze che cercano di essere soddisfatte; la comprensione e il riconoscimento di questi bisogni possono portare a stabilire una base condivisa per la connessione, la cooperazione e, in definitiva e più a livello globale, la pace.

mercoledì 7 dicembre 2016

UCEMI Toronto al capolinea.

Cari amici, consiglieri e soci,
credo che oggi 8 Dicembre 2016, giorno dell'Immacolata Concezione, l'UCEMI Toronto sia giunta al suo capolinea.

Come molti gia' sanno, incluso il Presidente Internazionale dott. Luigi Papais, a causa di gravi impedimenti, il 19 marzo 2013 nominai ufficialmente il vicepresidente Patrizio Novembre come mio vicario e lasciai nelle sue mani l'interim della presidenza affinche' indicesse fra l'altro un'Assemblea Generale in cui si provvedesse al rinnovo delle cariche o all'eventuale dissoluzione dell'associazione, assemblea che a tuttoggi non mi risulta sia stata ancora indetta.
 ( L'articolo 13 del nostro statuto recita infatti: " Il Vicepresidente assume gli uffici del Presidente in sua assenza, o in caso di malattia. In caso di dimissioni del Presidente, ne assume tutti gli uffici fino alle elezioni successive.")

Cari amici, consiglieri e soci,
chiarita questa situazione di stallo, debbo dire che da piu' di un anno lo Spirito mi ha messo ad operare in una associazione che, come l'UCEMI-Toronto, ha una specifica competenza di apostolato nel campo culturale, sociale e politico riguardante i fedeli italiani e non, non solo dell'Arcidiocesi di Toronto, ma del Canada!  Un'associazione che, come l'UCEMI-Toronto, s'impegna ad operare per la formazione religiosa dei suoi membri e, tramite i suoi membri, dei fedeli italiani e non, residenti nell'Arcidiocesi di Toronto e..in tutto il Canada! Anch'essa e' apartitica e non ha fini di lucro; anch'essa promuove la formazione di un laicato consapevole della sua dignita' e responsabilita' nella chiesa e del suo impegno cristiano nella societa'. Come l'UCEMI-Toronto anch'essa promuove attivita' religiose e sociali nelle parrocchie per incrementare la partecipazione alla diffusione del vangelo.
Il suo nome e': Radio Maria Canada.
Per l'UCEMI-Toronto, associazione rimasta su un binario morto per un bel po' di tempo, piu' che di una dissoluzione si tratta di un trasbordo di persone (eventualmente ratificato dall'assemblea generale come da Art.14.3) e di suppellettili (non devoluti all'IPC come da Art.14.4, ma trasbordati a RMC). Allora, in questo 8 Dicembre 2016, giorno dell'Immacolata Concezione, il piccolo seme dell'UCEMI-Toronto entra simbolicamente in RMC per farla fruttificare, si tratta quindi, piu' che altro, di dar vita ad una Unione Cristiana piu' ampia, si tratta di attuare una fusione in cui l' UCEMI-Toronto ha il piacere di sciogliersi.

Giovanni Riccitelli

venerdì 21 novembre 2014

Redesigning Economics to Redesign the World

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Will the present economic system be able to establish appropriate level of moral, social, and material balance in the world?

I don't think it can.

The present system is like an impersonal sucking machine which thrives on continuously  sucking  juice from the bottom to the top. The higher you are in the system, the more juice you are able to suck. It is not because bad people are running the machine; just that  the machine is built that way. The system was not designed to have any moral responsibility. At least that is not in practice. Discussion on moral responsibilities is an after-thought. This machine turns people into money-centric robots.

The stock market which is the ultimate judge of business success, does not grade businesses on the basis of its moral commitment. Moral issues were never included in their reporting template.
Social Business

I have been proposing and practicing a new kind of business which is based on selflessness, replacing selfishness, of human beings. This type of business runs parallel to the selfishness-driven business that rules the world. Conventional business is personal- profit seeking business. The new business, which I am adding, is personal profit-forsaking business. It is a for-profit business, but personal-profit forsaking business. I call it social business -- a non-dividend company to solve human problems. Owner can take back his investment money, but nothing beyond that. After getting the investment money back all profit is ploughed back into the business to make it better and bigger. It stands between charity and conventional business. It is designed with the objectives of charity and carried out with the methodology of business, but delinked from personal profit-taking.

Charity is a great concept to help people, and has been in use since time immemorial. But it is not sustainable. Charity money goes out, does a wonderful job, but does not come back. Social business money gets the job done and then comes back. As a result, this money can be re-used endlessly. It creates independent self- sustaining enterprises, which have their own lives. These enterprises become self-fueled entities.  
Capitalist system is justified on the assumption that making money is the sole source of happiness. The more money you make the happier you are. Money is an incentive, no doubt, but it is not the only incentive for human beings. Making money is happiness; but I feel making the world happy, is super-happiness. Capitalist system is about freedom to choose. But when it comes to looking for happiness it gives no choice. By introducing social business, to make the world happy, we give people another choice. Now they can choose.

Business schools today train young people to become business-warriors to capture market and money. They are not given any social mission. If we accept the concept of social business, business schools will be required to produce another category of graduates equipping them to become social-problem-fighters to bring an end to social problems  through social businesses. We would need to create social stock markets to attract investors who would like to invest in problem-solving enterprises, without having any intention of making personal profit.

Income disparity
The present version of capitalism will never deliver equitable distribution of income. A system that is built as a sucking machine cannot bring equitable distribution. It was never put in its DNA.

In today’s world, 85 individuals own more wealth than all those in the bottom half. Top half population of the world own 99% the wealth of the world, leaving only 1% for the bottom half. It may get worse because technology will remain under the control of the people at the top.

Indifference or worse

Indifference to other human beings is deeply embedded in the conceptual framework of economics. Theory of economics is based on the belief that human being is basically a personal gain seeking being. Maximizing personal profit is the core of economic rationality. This encourages a behavior in human beings which may be described by a far harsher word than mere ‘indifference’ to other human beings.  
 By its fundamental assumption Capitalist Man does not have any other virtue than selfishness. Real Man is a composite of many virtues. He enjoys relationship with other human beings. He is a caring man. He is a selfless man. He is a trusting man. We have many good examples to demonstrate these virtues. To show that he is a trusting man, take the case of Grameen Bank in Bangladesh. The entire bank is built on trust. There is no effort in this bank to establish relationship with legal glue. It is a lawyer-free bank. It lends out over one and half billion dollars a year to 8.5 million poor women on the basis of trust only. Now it works in many other countries, including in the USA, exactly the same way. Repayment rate is close to 100%.

 http://www.e-dirts.com/wp-content/uploads/2010/08/yunus_bankerpoor.jpg
 GDP Does Not Tell The Story

 As we create a world based on selfishness, people move away from each other. In that selfish world the very way we create measurements of business success itself fuels more selfishness.

Human society is an integrated whole. It's success or failure should be measured in a consolidated way, not purely on the basis of an aggregate of purposefully chosen economic information about individual performance.

GDP does not tell the whole story. We need something else to do that. It may be GDP minus all human problems (poverty, unemployment, illiteracy, income inequality, status of women, lack of human rights, absence of law and order, lack of technology and opportunities for all people, etc.)

As we move from national scene to global scene, we see the extension of same behavior. Ideally, globalization should have been the process to create a close global human family. But in practice, it is doing the other way. It is placing people and nations in a confrontational posture, each trying his best to enhance his selfish interest. 

  1. Technology

    If the present variety of capitalism continues, the more we advance in technology, improve our infrastructure, spread globalization, and bring 'efficiency' in the system, the more the system will become more fine-tuned in sucking the juice from the enormously wide bottom to transport it to the sharply thinner tops.

    Technologies, particularly ICT, with progressively higher Level of creativity, and speed of accessing information are changing the world faster and faster. There is indeed a surprise waiting in every corner. But there is no global vision driving these changes. Great innovations are designed and dedicated mostly for commercial successes. Creativity rushes in the direction wherever businesses see market potential. Nobody is putting up any highway signs to lead the world to its destination. It raises the question, does the world have a destination, or, should it have one? MDGs are probably an attempt to define an immediate destination over a short period. That was a good beginning. We should have 15-year destination, and then, 50 year destination at the sameFor every business we may post these goals along its path guiding them to expedite in reaching the goals within time, or ahead of time, and refrain from doing anything which will be counter to achieving those goals.
There are lots of amazing breakthroughs in the world, but they don't add up to becoming an unstoppable force to get the world to its destination because these breakthroughs are not in any way linked to any destination except daily goal of making personal profit. Given the power of technology and creativity any destination is reachable today. But it does not look like anybody is seriously concerned about a global destination. We gloat and float with our selfish personal/company goals. Since we do not have any collective direction, we are likely to waste our power by putting it behind random selfish forces, or, worse still, not using our power behind great opportunities which are not visible in the selfish radars.

Why are we missing a collective destination? To begin with, education system is at fault. Young people are never asked to engage themselves in finding out what kind of world they would like to create. They are never told that they are the creators of that world. There is no curriculum in the school to let the students imagine their dream world, what steps they can take to build that dream world. They may be asked what things they are unhappy about in this world are. What are the things that will make them happy if they happen in the world. Once they start imagining a new world, they'll start making attempts to create it. 
 http://s3.amazonaws.com/csrwire-production/system/web_images/images/3470/large/Yunus-poverty-quote.png?1383835576
Financial Institutions Are Designed for the Rich
 We have created a world for the rich by creating the financial institutions for the rich. If we want to get the poor out of poverty we have to create exclusive financial institutions for the poor. Institutions designed for the rich will not do any good to the poor.

Finance is the power. For the bottom half of the world population, banks do not exist. So they remain powerless.

Today there is concentration of economic power in a few hands because financial institutions are dedicated to help them in accomplishing this. We talk about land reform for overcoming poverty, because land represents power in rural societies. But we don't talk about credit and equity reform. We don't ask the question of who gets how much of bank credit and equity? Or what percentage of population gets what percentage of bank credit? This one piece of information will give us the real story on power and powerlessness. Credit and equity disparity is the single most powerful cause of income disparity.


We'll have to create new financial institutions if we are worried about income disparity and poverty. Grameen Bank has shown how even the poorest women, and even beggars, can do business with a financial institution provided it is designed for them. Don't ask them to do business with an institution which is designed for the rich. Social business funds can be answer to the availability of equity to the bottom-most people.


Not Job Seekers, But Job Creators
While the idea of labour union is an excellent idea, the basic assumption of 'once a labour, always a labour' has to be removed. There should be plenty of opportunity for each and every person to switch from being labour to being an entrepreneur. Social business can make it happen. Every person, at all stages of his life, should have two options, either to work for somebody, or be an entrepreneur. He should be told about these options in school, when he is growing up. He should be given opportunity to prepare himself, both as a job creator, and as a job-seeker. Even if someone takes up a job, it does not have to be a life- long engagement. He should have the opportunity to move about in both worlds. It is essential that we build appropriate financial institutions to make it happen. Financial institutions are key to make this switches possible.

Creating a World without Unemployment
Unemployment means throwing a fully capable person into a trash can. It means punishing a human being to remain paralysed. A human being is born to be active, creative, energetic - always exploring ways to unleash his own unlimited potential. Why should we allow anybody to unplug a creative human being, and deny him the opportunity to use his amazing capacity? Who unplugs him?  Why do billions of people around the world remain unplugged? Why do we deprive the world from the creativity of almost half the adult population?

This problem of unemployment is not created by the unemployed people themselves. It is created by our grossly flawed conceptual framework which has drilled into our heads that people are born to work for a few privileged people called entrepreneurs. Since entrepreneurs are the drivers of the economy, according to the present theory, all policies and institutions are built for them. If they don't hire you, you are finished. What a mis-reading of human destiny. What an insult to a human being who is packed with unlimited creative capacity.

Our education system is an extension of this same economic theory. It is built on the assumption that students should work hard, get good grades so that they can get good jobs. Education is seen as the process of preparing young people to get jobs and live happily after. Top universities in the world pride themselves by letting the public know that their graduates appear in the graduation ceremony with appointment letters in their pockets.  

I have been insisting that all human beings are born entrepreneurs, not job-seekers. Education system should be aiming at enhancing their entrepreneurial capacities, not eliminate it, by making the students believe that getting a job is the ultimate goal of their lives.
Young people are never told that all they are born with two choices, and continue to have these two choices throughout their lives. They can be job-creators, or they can be job- seekers.
In Grameen Bank we are inspiring the second generation of borrowers' families to believe that they are not job seekers, they are job givers. All children in the world should grow up that way. Institutions and policies should be created to make it happen. Job seeking should become a second choice for any young person. In Bangladesh we have created social business fund to provide all the equity he or she needs to become an entrepreneur. We provide him and her all the support to make him and her successful.

Why are half the young people in some European countries unemployed? Why are they talking about a ‘lost generation’ in Europe?  Why are they accepting it as an unalterable fate? Are they not insulting human capability by accepting it as a fate? Is putting unemployed people on state charity the only solution? Is this how we uphold human dignity, by putting young creative people on state charity? What about giving them opportunity to explore their own creative power?

We may ask them to start an enterprise of their own. In that case the most important support they would need is initial financing. This is how micro finance idea was born and took institutional shape in Grameen Bank. Micro-finance was aimed at creating self-employment for the unemployed poor women.  It worked. I see no reason why similar specialised financing institutions for credit and equity should not work for the unemployed youth. We need to create such intuitions. We can start with social business funds for providing equity to the unemployed youth in Europe and elsewhere.
We must take the initiative. We cannot just sit and watch a whole generation of young people fall through the cracks of theory because we are too timid to question the wisdom of our theoreticians. 
We have to redesign our theory by recognizing the limitless capacity of a human
being, instead of relying on 'invisible hands' to solve all our problems. We'll have to wake up to the fact that 'invisible hands' are invisible because they do not exist.   
State charity
If we can ensure that nobody needs to remain unemployed, we get a society without poverty and without state charity to support the unemployed. Unemployment is an artificial creation of our faulty conceptual framework. It is not natural to human beings. Human beings are doers; they are go-getters. But our theory has put them in chains. Theory should not be allowed to punish human beings. We should punish the theory by scrapping it.
We should make sure that the word 'unemployment' soon gets unemployed. When we build a new world we know for sure in that world the word ‘unemployment' will not make sense to anybody. Nobody would be able to figure out how could a full blooded human being remain idle. In our conceptual framework we should not allow anything which is derogatory to human spirit. Theory should reflect us, we should not be subjected to reduce ourselves to fit a theory. Human beings should not be squeezed into narrow moulds of theory. Theory must allow enough room for human beings to grow, rather than limit them.  Human beings thrive in this world by constantly making impossibles possible. Theory must keep all its doors open to make it happen easily. People should have the final word on their fate, at each stage of history, not the theory.

Helping people in distress is the prime responsibility of the state. State charity must be applauded for doing an excellent job of taking care of its citizens in distress.
But a still higher responsibility of the state will be to enable people to come out of their distress as soon as possible and get out of their dependence on state.
http://static.guim.co.uk/sys-images/Guardian/Pix/pictures/2011/3/8/1299595775843/Grameen-Bank-employees-fo-007.jpg
Human beings are all about independence and freedom, and their constant search for their own worth, not about dependence on anyone. Dependence diminishes human beings. Their mission in this planet
is to make it a better place for everybody. They should not be put in a situation where they remain dependent on state all their life, then pass it on to their next generation, who in turn, pass this on to the third generation, creating an unending series. State charity has created this situation for many people in Europe. We have the technology and methodology to bring an end to this. All it needs is a determined initiative.
Conclusion
A human being is an enormously creative and entrepreneurial being. Conceptual framework of present capitalist theory is too narrow and undignified for him. It reduces him to a selfish robot. We need to design a theory keeping in mind the true human being, not a distorted and miniaturized version of him. A true human being holds the potential of assuming any of the many diversified possibilities. He is a selfless, caring, sharing, trusting, community-building, friendly human being. He is, at the same time, also the reverse of all these virtues. How he'll shape himself will entirely depend on the world around him.  We need to give him all the opportunities to bring out the right virtues. Today we limit him to a very narrow role. We do not introduce him to his limitless possibilities. Theory constrains him to a narrow self-serving path. That's where the trouble begins. Whereas we should have told him, your possibilities are limitless; you can do anything you want; you have the power to create a world without poverty, without unemployment, without income disparity, without endangering the planet, without wars and weapons, and with equality, friendship and peace.
Now time is here to tell him that.

Muhammad Yunus

venerdì 14 novembre 2014

UCEMI - Toronto: Voglia di Ricominciare






L’UCEMI - Toronto, l’Unione Cristiana di Enti tra e per i Migranti Italiani, promossa dalla Fondazione Migrantes (Conferenza Episcopale Italiana) che è sempre stata all’avanguardia nel servizio agli emigrati italocanadesi attraverso il mantenimento delle radici italiane e cristiane, la collaborazione con tutti, il sostegno ai missionari dell’IPC, attraverso attuali e puntuali conferenze sulla bioetica, sul dialogo interreligioso, sulla dottrina sociale della Chiesa, o con simposi per la valorizzazione di figure altamente emulative per i giovani (come è stato nel caso di P. Francesco Bressani), come tutte le associazioni italo canadesi, dopo la grande crisi che ha colpito l’Italia, ha dovuto fare i conti con la diminuita attenzione del Bel Paese nei confronti dei migranti, attuatasi con grossi tagli al volontariato, alla cultura e alla rappresentanza.
A Roma, ben quattro uffi­ci dell’UCEMI dedicati all’emigrazione sono stati smantellati parecchi mesi fa insieme al relativo personale e al sito web; infine lo scorso mese di Maggio è venuto a mancare anche l’amato presidente dell’UCEMI nel mondo, Adriano Degano che ha guidato l'organizzazione per oltre 30 anni. In siffatta situazione, alcuni giorni fa, approfittando della presenza a Toronto del vicepresidente dell’UCEMI nel mondo dott.Luigi Papais, il presidente dell’UCEMI Toronto Giovanni Riccitelli, ha chiamato a raccolta, oltre al responsabile del settimanale cattolico Chiesa 2000 P. Amedeo Nardone, O.F.M., al Presidente dell’Italian Pastoral Commission, P. Ruggiero Di Benedetto,e a P. Vitaliano Papais, guida spirituale dell’UCEMI, tutto il direttivo dell’associazione per vagliare le prospettive future dell’organizzazione.
Durante l’incontro il dott. Luigi Papais ha portato subito, pur nell’attuale crisi italiana, una boccata d’aria fresca, asserendo che il sito UCEMI è stato riaperto ed ha ora uno stampo più laicale, pronto a informare, formare e aggiornare sulla pastorale della chiesa locale. Anche se era la Chiesa di partenza quella che pensava originariamente agli emigranti e li seguiva, sostituita dopo il Concilio dalla Chiesa di residenza che garantisce l’accoglienza degli immigrati, anche se di sacerdoti in Canada ne arriveranno sempre di meno, l’UCEMI nel mondo è interessata al modo di vivere la fede, l’arte e la cultura cattolica degli italo canadesi, che è diversa dagli atri gruppi etnici e alla continua-
zione del fi nanziamento della stampa nelle missioni dove ci sono associazioni attive.
Compito dei laici italiani è presentare le esigenze dei cattolici locali. L’emigrazione che sembrava essere finita, -ha detto- è ora in ripresa: 2000 giovani italiani sono arrivati recentemente a Toronto in cerca di occupazione. Esiste quindi-ha concluso- la possibilità di inserirli in un discorso pastorale. 
P. Amedeo Nardone ha poi dato testimonianza di questa nuova emigrazione dall’Italia, attraverso l’esperienza di un sacerdote suo amico di Boston, dove si è formato gruppo di
preghiera di giovani arrivati come turisti e rimasti.
Anche in Canada – ha proseguito – il Corriere Canadese dell’On. Volpe segue questa nuova emigrazione giovanile e il loro inserimento. Per quanto riguarda il discorso associativo, ha detto che purtroppo “ci sono alcuni sacerdoti che pensano che le nostre
associazioni religiose fi niscano come dei malati terminali”, ma nella sua esperienza ha notato quanto vigore ci sia ancora in alcune di esse dove si sono inseriti diversi giovani.
C’è ancora spazio per un lavoro di recupero - ha aggiunto - facendo una preparazione spirituale agli eventi religiosi di tali gruppi associativi a livello di adulti e a livello giovanile. Le feste dovrebbero essere momento di evangelizzazione. Bisognerebbe inglobare nell’UCEMI alcuni membri di ogni gruppo per fare una pastorale religiosa, comune e unitaria. Creare una nuova evangelizzazione, ovvero rievangelizzare i cattolici – ha concluso P. Nardone – questo è il nostro compito. Il Cav. Fracassi, fra l’altro presidente della più grande associazione ricreativa e sportiva cattolica, ha ricalcato l’esigenza per le associazioni di avere dei sacerdoti, o di un gruppo di laici, che vadano periodicamente a parlare loro di fede. Lou Iacobelli poi ha insistito sulla necessità di non abbandonare i ragazzi delle scuole, e del bisogno di comunicazione per intensificare gli incontri con i Provveditorati e i fiduciari cattolici.
Infine il presidente dell’UCEMI Toronto, concludendo, ha ribadito la voglia dell’Associazione di ricominciare, anche se in maniera sperimentale, attraverso una campagna di sensibilizzazione e reclutamento tra le associazioni cattoliche esistenti in modo da creare una rete di accoglienza, ed ha lanciato come punto di riferimento che
consenta di raggiungere una unità di tutto il mondo associativo cattolico italiano in Canada, la presentazione del rapporto italiani nel mondo, (unica fotografi a dell’emi-
grazione, con tanto di documenti e dati statistici) per fi ne marzo 2015, contando sulla collaborazione di tutte le associazioni. L’UCEMI è convinta, infatti, che questo sia un
argomento attuale che riguarda tutti: i recenti cambiamenti hanno toccato un po’ tutte le associazioni, ridottesi di numero, sia come quadri dirigenti sia come associati.
La globalizzazione ha prodotto benefi ci ma anche il venir meno di determinati collegamenti e di determinate forme di rappresentanza. Ciò è da attribuirsi in parte all'uscita di scena di molti operatori sociali sia per questioni di anzianità e sia per la scarsa propensione dei giovani a impegnarsi a seguire un percorso associativo.
Chiunque voglia collaborare o desideri maggiori informazioni sull’UCEMI Toronto, è pregato di contattare:
Toronto@ucemi.it