giovedì 20 gennaio 2011

Religious Freedom, the Path to Peace

Dear Friends,

Our Holy Father had a special message for World Day of Peace. I hope you get a chance to read what he has to say about the importance of free religious expression and peace. Let's pray to see what we can do in our lives and in our families to promote the message.

"On January 1, 2011, World Day of Peace, Pope Benedict issued an important message titled, “Religious Freedom, the Path to Peace”. He begins his message by recalling the sad event that took place in Baghdad last October 31. As the faithful gathered to celebrate the Mass at Our Lady of Perpetual Help, they were attacked and as a result two priests and over fifty people were killed. Christians there are routinely discriminated and persecuted because of their faith. More recently six Coptic Christians were killed in a church in southern Egypt. Christian minorities, in Africa, Korea, China and Asia, cannot openly practice their religion because they don’t have that right or they fear for their lives."


For the entire article please visit my blog entry athttp://everydayforlifecanada.blogspot.com.

Thank you,
Lou

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giovedì 13 gennaio 2011

La pace e la religione

Il 2011 è un anno cruciale. Nel mondo restano ancora aperti
tutti i capitoli dell'agenda internazionale: dalla lotta alla fame
ai cambiamenti climatici.

In Italia è l'anno del 150° anniversario dell'Unità,
un momento per ripensare la nostra storia.

L'anno che si apre porta con se' incertezze persistenti sulle prospettive di uscita dalla crisi globale, ma anche appuntamenti cruciali nei quali la comunita internazionale dovra' dare risposte alle principali emergenze: la lotta alla fame, la promozione allo sviluppo, il consolidamento dei processi di pace, la minaccia dei cambiamenti climatici e del degrade ambientale, la tutela dei diritti e delle liberta' fondamentali,non ultima quella religiosa.
Il fondamentalismo di matrice confessionale ha accentuato negli ultimi anni la sua stida, mischiandosi alle principali crisi internazionali e spesso determinandole, come dimostra la persistente mattanza delle popolazioni civili in Somalia, ma anche le irrisolte vicende in Iraq, in India, in Pakistan e in mold altri Paesi, come ad esempio la Nigeria. In un simile contesto si iscrive anche l'aumento delle violenze contro i cristiani, troppo evidente per non suscitare interrogativi e per non sollecitare iniziative forti ed efficaci di dialogo interconfessionale e interreligioso. Il contributo delle religioni alla pace resta infatti indispensabile per arginare una tale deriva.
A maggior ragione, di fronte a tali minacce, ha poco senso la posizione di quanti vorrebbero confinare il fattore religioso nella sfera rneramente privata. Certamente non e' pensabile identificare legge divina e legge dello Stato. In questo sta la minaccia del fondamentalismo. Ma il fattore religioso non puo essere definito irrilevante nella convivenza. In un discorso tenuto alle autorita' civili della Gran Bretagna, il 17 settembre 2010, Benedetto XVI ha sostenuto che il ruolo della religione in ambito politico e sociale «non e' quello di fornire le norme obiettive che regolano il retto agire, come se esse non potessero esser conosciute dai non credenti; ancor meno e quello di proporre soluzioni politiche concrete — cosa che e' del tutto al di fuori della competenza della religione - bensi' piuttosto di aiutare nel purificare e gettare luce nell'applicazione della ragione, nella scoperta dei valori morali oggettivi».
A questo compito della religione nei riguardi delle cose della ragione - ha ricordato il cardinale Bagnasco all'ultima Conferenza episcopale italiana di cui e' presidente -, il Papa da' un nome: e' un ruolo, dice,«correttivo», nel senso che, illuminando, recuperala profondita' dei singoli principi e rischiara sull'applicazione che ne viene fatta, aiutando dunque, quando serve, a rettificare Ie distorsioni, a indirizzare meglio l'azione, a non lasciarsi deviare dai riduzionismi concettuali o dalle manipolazioni ideologiche, a non confondere mai il fine coi mezzi e viceversa.
La Chiesa e I'unità d'ltalia
Vale per i rapporti internazionali, per la definizione di nuove regole della convivenza mondiale, e vale all'interno dei singoli Paesi e comunità. Anche per la Chiesa che è in Italia, questo compito appare oggi forse più urgente che nel passato.
Per 1'Italia, che negli ultimi anni ha vissuto un progressivo degrado, il 2011 è anche 1'anno del 150° anniversario dell'unità, un appuntamento che mostra un duplice e contraddittorio aspetto. Da un lato lo spirito unitario e la stessa identita' nazionale minacciano di degenerare in particolarismi senza respiro, se non in vera e propria xenofobia, complice una classe politica volta più ad assecondare un consenso «al ribasso» che a governare i fenomeni della modernità. Dall'altro, sembra invece definitivamente superata la frattura storica che accompagnò il processo risorgimentale.Belfiore. (Del resto, la questione vale anche per 1'altra grande espressione politica popolare dell'Ottocento, cioè il socialismo).
Anche ai massimi livelli istituzionali è riconosciuto il definitivo tramonto di quella che un tempo veniva chiamatala la questione romana. «Il grande contributo che la Chiesa e i cattolici hanno dato, spesso pagandone alti prezzi, alla storia dell'Italia unita' e alla crescita civile del Paese» è stato sottolineato da Giorgio Napolitano, un presidente della Repubblica la cui storia personale non può essere certo sospetta di clericalismo, in un messaggio inviato al cardinale Bagnasco. Da parte sua, nella relazione tenuta a fine maggio all'assemblea dei vescovi, Bagnasco ha fatto riferimento al 150° anniversario dell'unità d'ltalia come a «una conquista e un ancoraggio irrinunciabili», invitando a pensare il Paese «come un insieme vivo e dinamico, consapevole e grato per la propria identità e per questo accogliente e solidale con quanti approdano con onestà e impegno alla ricerca di un futuro più umano».
Va però detto che Napolitano, come in altre occasioni nelle quali si è espresso sul significato di Nazione, non ha fatto una distinzione - che esiste - tra 1'Italia monarchica (e alla fine fascista) e 1'Italia repubblicana nata dalla resistenza. Anche per quanto riguarda il contributo cattolico la cesura è evidente. Del resto, Napolitano ha fatto menzione praticamente solo del periodo della resistenza e della stagione costituzionale, quando «l'intero mondo cattolico, sia pure non senza momenti di attrito e di difficile confronto, è stato protagonista di rilievo della vita pubblica, fino a influenzare profondamente il processo di formazione e approvazione della Costituzione repubblicana ».
Secondo il presidente italiano, «in quella felice stagione istituzionale, esperienze e culture diverse si sono riconosciute in un comune patrimonio di valori: liberta, centralità e dignità della persona, tutela del lavoro, solidarietà e coesione sociale». Valori «alla cui progressiva, concreta attuazione i cattolici hanno ampiamente concorso, con un forte impegno nel mondo della cultura, dell'associazionismo, del sindacato e del volontariato, cosi contribuendo ad arricchire il rapporto tra società civile e istituzioni pubbliche».
Diverso è il discorso sul processo di unificazione italiana vera e propria. Troppo rilevante e troppo duratura fu la questione romana, con la fine del potere temporale del Papa, per contenerla nel breve spazio di un articolo. Tonnellate e tonnellate di carta sono state scritte sull'argomento, senza che ancora sia possibile arrivare a conclusioni riconosciute universalmente. Che l'alleanza tra trono e altare sia stato il principale nemico di tutte le rivoluzioni europee di matrice illuminista è indubbio. Ed è anche difficilmente contestabile che il risorgimento italiano ebbe anche una chiara impronta anticattolica, che prescindeva dalla questione del Papa Re. Della questione romana, nata dalla stagione risorgimentale fu protagonista assoluto e quasi unico, se non altro per la lunghezza del suo pontificato, proprio Pio IX. Esaminarne la figura
nelle sue luci e nelle sue ombre - una figura più calunniata che spiegata da tanta storiografia e, piu di recente, da tanto cinema — e anch'essa impresa troppo complessa per lo spazio di un articolo. Ma sarebbe superficiale ignorare che dopo il breve e strumentale entusiasmo per il «Papa liberale», il risorgimento fu anche anticlericale e anticattolico.
Alle radici
del magistero sociale

In questo contesto erano destinate a sparire anche le voci cattoliche che al risorgimento diedero un contributo di idee - e talora di sangue - a lungo troppo sottovalutato, da Rosmini a Gioberti, da Pellico al padre Ventura, fino ai tanti sacerdoti che pagarono con la vita il loro patriottismo, come don Enrico Tazzoli, uno dei martiri di Belfiore. (Del resto, la questione vale anche per 1'altra grande espressione politica popolare dell'Ottocento, cioè il socialismo).
Se 1'architettura istituzionale e politica del Regno d'ltalia fu certamente liberale - e di un liberalismo destrorso incline a usare, piu che le idee e i principi di liberta, la spada e il bastone, fino a scivolare nelle guerre coloniali, nel fascismo e nell'orrore delle leggi razziali - la crescita sociale del Paese fu certamente nel segno del solidarismo cattolico e di quello socialista. Non a caso, se Pio IX resta il Papa chiuso in Vaticano per protesta contro Porta Pia, il suo successore Leone XIII (che in Vaticano restò confinato anch'egli) resta il Papa della Rerum novarum, la prima grande enciclica sociale, quella da cui si dipana tutto il magistero cattolico del Novecento e di questo nostro secolo appena incominciato. Si puo dunque concordare con Napolitano nel sottolineare il contributo cattolico all'Italia ricostruita dopo la tragedia del fascismo e concordare con Bagnasco sul principio di una società aperta all'accoglienza.
Per tornare alla questione del Papa e dell'Italia, la posizione giusta e quella espressa in poche parole da Paolo VI, forse il più grande Papa del Novecento, almeno per quanto riguarda la capacità di comprendere e di far comprendere che la questione religiosa è questione sociale e persino questione antropologica. Quel Papa ebbe a ringraziare la «Provvidenza che tolse al papato le cure del potere temporale perchè meglio potesse adempiere la sua missione spirituale nel mondo».
La prova della giustezza di tale affermazione, anche per limitarla alla sola vicenda italiana, sta nell'indubbio fatto che - a parte le connivenze con il potere, che ci sono in tutte Ie stagioni e che soprattutto in Italia, ma non solo, mandano talora un certo odore nauseabondo - l'apporto cattolico al Paese ha potuto esprimersi in modo pieno solo con la fine della questione romana. Il che significa, appunto, che la perdita
del potere temporale per la Chiesa e stata un dono della Provvidenza, che è il nome con il quale i cristiani chiamano l'intervento di Dio nella storia.  

di Renato Molia

mercoledì 5 gennaio 2011

THE INTERRELIGIOUS DIALOGUE IS REACHING OUT!!

Thanks to
Akram Saleem Al Tamimi 
the Chief Editor of AKKAD, 
(a Canadian newspaper in 
Arabic Language,) 
a professional figure with 25 years of experience in Journalism, 
and a recognized  humble

"Ambassador for Peace" 

by the 
Universal Peace Federation 
& by the
Inter-religious Federation for World Peace!!







Thanks also to prof. Bahlibi Tekle and the Eritrean Community!!
                                    Link to the Kidane  Mhret Church of Toronto
 




Christian – Moslem Dialogue in Toronto
By Mr. Bahlibi Tekle
On October 24th, 2010 Mr. Bahlibi Tekle represented our Chaplaincy and the Eritrean Community in Toronto, and attended a conference organized by the U.C.E.M.I, an association for Italian Migrants. The conference was at St. Jane Francis church Hall.

The main objective of the conference was to enhance the understanding and the coexistence of peoples with different religious backgrounds and specifically the Catholics and Moslems.

Dr.  Giovanni Riccitelli, the president of UCEMI Toronto, opened the conference by emphasizing that a dialogue is always possible if there is an open faith with optimism and believe in God.
The speakers were Dr. Slimi, Emam at Khadija Mosque, Mr Genc Tirana from consulate of Albania, Mr. Bahlibi Tekle from Eritrean Catholic Geez Rite community, and Padre Amedeo Director of Chiesa 2000 news letter. More than 100 individuals participated and so many of their questions were answered.  Mr. Andemariam Tesfai, Councillor with the Eritrean Catholic Chaplaincy in Toronto, also attended the meeting.
The expectation and hope are that the Moslem Community also want to hear the Christian prospective of peaceful coexistence and cooperation in building safer environments in Toronto and anywhere else in the world. It is through open and frank dialogue that we can look at the future with confidence.

Thanks also to... Messaggero di Sant'Antonio!

 
 

martedì 4 gennaio 2011

FEDE E GIUSTIZIA: stiamo con Gesu' o con Erode?

Viviamo in un mondo scandaloso che nega l’appello di Dio affinché la vita sia di tutti. Persino nel ricco Canada la povertà giovanile in continuo aumento (Rapporto UNICEF) si assomma all’impoverimento delle risorse ittiche, alla deforestazione, all’erosione del suolo, alle minacce che pesano sull’acqua dolce e ad altri danni ambientali; mentre intere comunità umane vengono disgregate e i mezzi di sussistenza sono perduti, forme di vita e saperi culturali vengono asserviti a profitti finanziari. Oggi i giovani, e i ricercatori della verità e della giustizia che guardano attraverso gli occhi di chi soffre ed è senza potere, testimoniano che l’attuale (dis)ordine mondiale è radicato in un sistema economico, culturale, politico, religioso e militare estremamente complesso ed immorale difeso da un impero che protegge gli interessi dei potenti, che continuano a incrementare profitti e rendite, proprietà e capitali finanziari, mentre una maggioranza sempre più grande della popolazione ne è esclusa e mentre la natura è ridotta al rango di merce; questo sistema di accumulazione di ricchezza alle spalle dei poveri, chiamato dalla bibbia Mammona, è considerato una forma di infedeltà a Dio ed è responsabile di una sofferenza umana che potrebbe essere evitata. Gesù ha detto chiaramente che non possiamo servire Dio e Mammona (Lc. 16,13). Eppure ancora oggi Erode esige il suo sanguinante tributo in termini di vite annullate, di giovani che si vedono estraniati e depredati del loro futuro.
Per gli adulti, gli accomodati, gli accasati, per coloro che si sono creati un mondo protetto e rassicurante da cui difficilmente riescono a uscire o a mettere in comune, che significato ha quel giovane per il quale non c’e’ posto nella società, costretto dalla mobilità a essere sempre in transito, come straniero in ogni luogo? Per pastori e magi, quel piccolo giovane insignificante rappresenta l’epifania di Dio, del Dio che non ha volto, ma che si rende presente con un nuovo volto, perchè di volta in volta Egli prende il volto di ogni uomo (Mt. 25:40). Il Dio-con-noi non si manifesta fuggendo dalla realtà, né facendo scelte che non sono in sintonia col normale vivere, né schierandosi con i potenti, ma promuovendo ogni aspetto genuino dell’umano. In questo quadro noi da che parte stiamo? Con Erode o con Gesù? Con chi viene per “rubare, ammazzare e distruggere” o con chi viene per dare la sua vita per tutti? (Gv.10:10,11).
L’integrità della fede è oggi in gioco: nell’ inchiesta del quotidiano nazionale Globe and Mail ad esempio, l’accusa che i giovani ci rivolgono è grave e seria: “la fede in Dio sembra che non abbia nulla a che fare con la vita quotidiana”, “Come è possibile che tanti si dicono cristiani cattolici e poi appoggiano scelte politiche e amministrative che nulla hanno di cristiano?” “Date troppa enfasi al culto a scapito della vita” dicono, e “senza la pratica della giustizia i rituali diventano una farsa”. Anche la pastorale delle nostre parrocchie sembra affetta da una schizofrenia che da un lato neutralizza la validità dei fedeli laici quando si trovano all’interno dell’edificio di culto, assegnandogli esclusivamente un ruolo di coadiuvanti dei Sacerdoti, ignorando la loro dimensione professionale, familiare, politica: dall’altro li abbandona, fuori da quelle mura, ad una logica puramente secolaristica, per cui si trovano ad alimentare la loro cultura, attingendo non dal vangelo o dalla dottrina sociale della chiesa, ma da giornali e televisioni commerciali, contribuendo in tal modo al caos e alla politica perversa. È questa la laicità dei credenti? Quella di chi non riesce a portare le esigenze e le situazioni di cui il mondo è pieno? Le denunce della Chiesa rimangono spesso solo un nobile gesto, laddove è proprio la pastorale ordinaria, quella di cui bisogna maggiormente tener conto. Oggi più che mai va dimostrato che non ci sta a cuore soltanto la vita nel momento del suo concepimento, o in quello terminale, ma anche in tutto ciò che sta in questi due momenti estremi. Dove sono i laici, quelli prefigurati dal Concilio, che leggono le realtà terrene (cioè politica, economia, famiglia, ecc..) con il vangelo in mano? L’alternativa all’indifferenza religiosa sta nell’abbandonare le chiusure, le inerzie e le stanchezze delle parrocchie, dimostrando il profondo legame tra fede e giustizia, con la presenza e voce nei luoghi pubblici, portando la riconciliazione là dove necessario. Se condividiamo le ansie dei nostri simili e ci dedichiamo con passione alla giustizia, difficilmente potremo ancora essere liquidati dai giovani come “arretrati”, accusati di “stranezze”, o addirittura di essere solo un popolo di “pappagalli”. Si tratta di imparare a dire, soprattutto ai giovani, le ragioni cristiane dell’impegno per la promozione umana e per il rifiuto radicale delle ingiustizie! La nonviolenza e la noncollaborazione al male, insegnate da Gesù e rispolverate da Ghandi e M. L. King, sono terribilmente attuali per una folla di gente smarrita che ha alle spalle il cratere vulcanico della violenza, e di fronte la montagna della pace, da scalare. Noi siamo tra quella folla. E sentiamo che Cristo parla proprio a noi (Mt.25:45). Allora, l’ugurio che ci facciamo per questo nuovo anno, è l’invito a rimboccarci le maniche e ad abbattere i muri fatti di pregiudizi, di tradizioni e di idee religiose ingenue e naïve (così difficili da sradicare!), per vedere finalmente ritornare alla ribalta laici maturi che si prendano le proprie responsabilità con passione ecclesiale e civile. Questo è il compito che ci aspetta affinchè la novità portata da Gesù possa fiorire nella società aprendo orizzonti di speranza.  
Giovanni Riccitelli


What Can UCEMI Do in 2011 to Help Build the Common Good?

One of UCEMI's main goals is the idea of Christians working together for greater unity. UCEMI recognizes the importance to create an awareness, in both our parish communities and the rest of Canada, to better live our faith in order to build the common good. This is essentially a spiritual and social mandate to promote a culture of life and love. It was John Paul II who showed the world that armed with just the Word of truth one could be instrumental in bringing down communism in Poland and East Germany, reveal the weaknesses of unbridled capitalism and uncover the futility of trying to build solidarity in a modern culture where self-interest and profits rule the day.

As Canadian Christians we have believed for far too long that the anti-life culture can be accommodated. We see this in the legalization of abortion, same-sex marriage and the efforts to remove religious education in school curricula. Perhaps, we have silently argued: Let’s be tolerant and perhaps all this will just go away. In the name of being politically correct, we have said yes to the current trend by compromising on life and death issues. Many of us have been too afraid or even embarrassed to bring our religious beliefs into the public square.

We have watched as our university campuses no longer welcome free speech when it comes to the pro-life side. Our politicians of every stripe and level of government have firmly adopted a culture of relativism on just about every moral issue. When it comes to sexuality, the more liberal your attitude the better it is.  Abortion, homosexual "rights", pornography channels approved by the CRTC and the push for euthanasia are all part of what it now means to live in the modern moral fabric of Canadian society. Today many regard morality as a relative idea, and the very notion of truth is laughed at, if not rejected outright.

Now ask yourself: Have these liberal ideas improved our society? I think not, and there are many of us who support this view. In fact, a laissez-faire morality has done the opposite. Taxpayers are forced to pay for abortions and some want to extend this to euthanasia and assisted-suicide. Pro-life university student groups, like the one at Carleton, have had their funding removed. Religious questions are not welcomed in the pages or the screens of our country’s mass media. Abortion has completely devalued the meaning of life; life has become a commodity that we can buy, sell and discard at will.
So, what can UCEMI members do to try to change this trend as we enter 2011? We must, first of all, begin with prayer, and then humbly try to respond to this question: Isn't it time for more of us to speak up against this anti-life culture? Surely more Christians need to make a public case for truth and for human dignity. If Christian associations like UCEMI don't address these important issues, who will defend the truth?

Sure there are personal risks for taking a stand. We may not be well liked by our family, our co-workers and friends, but that’s a small price to pay in an effort to spread the Gospel. In honest talk, we will find out who are our true friends. But we must also respect and pray for those who disagree with us. In some cases, speaking up may even jeopardize a job or a promotion. The decision to publicly be a witness for one’s faith is difficult, but it needs to done, if we are prepared to live it, and nobody can do it for anybody else. Every person is ultimately responsible before God for the choices made or not made.

The next thing we can do is to try to unite our efforts with other groups, as Ucemi did last year with the inter-religious dialogue conference. Jews, Christians, Protestants and many others are in agreement with us on the important life issues, such as marriage, abortion, the dignity of the human person. In this time of moral crisis, we can put aside our minor disagreements to fight for the common good. There’s a need to defend and promote these basic principles: the dignity of life, the social and economic importance of marriage, and the right for religious freedom and expression.

In addition, we should not be afraid to discuss our ideas with those who do not agree with us. For too long, we have said nothing not to offend others. This approach has backfired completely. You can see the evidence in the legalization of abortion, same-sex marriage and the reticence to discuss religion in public. This attitude of acceptance all the while wishing that the issues might go away has not worked.  
Finally, we must alaways put our hope in God. Canadian society continues to promote ideas that have no basis in either natural law or just plain common sense. The anti-life culture rests on contradictory ideas and a morality totally flawed. The truth will have the final Word. I will end with one last consideration: What do you think we and our families can do in 2011 to help build the common good? We all have a Christian responsibility to try to answer that question.  Happy New Year to everyone!

Lou Iacobelli

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