venerdì 29 aprile 2011

May 18: " SUDAN TOWARD THE FUTURE"

U.C.E.M.I. PRO AFRICA:  
“SUDAN TOWARD THE FUTURE”


The testimony of 3 Missionaries and their role in building democracy, peace, reconciliation and justice in Africa.



Fr Valerian Shirima SJ is a Tanzanian Jesuit who has served as Provincial of the Eastern Africa Jesuit Province, and President of the Jesuit Superiors of Africa and Madagascar (JESAM). Fr Shirima’s work, since becoming a Jesuit in 1970, has focused on education and pastoral work.
He is currently on sabbatical in Toronto.


Fr Michael Schultheis SJ is a Jesuit who has been working in Africa for over forty years. Devoted to higher education, Fr Schultheis was the first president of the Catholic University of Ghana, and is currently the
Vice-Chancellor of the Catholic University of Sudan.


Fr Marco Bagnarol is a Consolata Missionary who has been working in Africa too. As a pastor in Uganda, he was instrumental in the construction of aqueducts, digging of wells, and construction of schools and churches. Devoted to a deep universal vision, Fr Bagnarol has been back in Toronto since 2004. He is working on the translation of hundreds of books in English, like Fr. Renato Kizito Sesana’s successful “I am a Nubian” (the story of a Comboni missionary on the side of a people who are fighting to keep from disappearing), and building bridges
in the international community.

DO NOT MISS IT!


WEDNESDAY, MAY 18, 2011 @  7:00PM

CONSOLATA MISSIONARIES
2671 ISLINGTON AVE. (and Albion), TORONTO


Catholic University of Sudan

Hosted By: Luca Mirenzi 
Produced By: Laura Cirami 


May 17th, 2011 on Radio Teopoli, AM530 or www.teopoli.com at 1PM 
presents an hour with Fr. Michael Schultheis SJ, PhD - Vice-Chancellor of Catholic University of Sudan and Joseph Carraro, founder of Costi Immigrant Services, ahead of tomorrow evening's Pro-Africa Conference "Sudan toward the future", presented by U.C.E.M.I.


sabato 23 aprile 2011

Buona Pasqua a tutti i migranti da parte del VicePresidente dell’UCEMI nel Mondo



Siamo giunti, anche quest'anno, alle festività pasquali che, per i cristiani, rappresentano un momento di riflessione e di gioia alla luce del Cristo risorto. In vista di queste festività ci si scambia  sempre gli auguri e gli auspici di pace. Questi auguri sono ancora più calorosi se rivolti a chi ha lasciato la loro patria, come fece a suo tempo  il popolo d'Israele, per cercare altrove maggiore fortuna di quanta non abbiano avuto nella terra in cui sono nati.  Gli emigranti italiani, a dire il vero, sono andati all'estero non perché perseguitati (tranne che durante il fascismo) ma per cercare condizioni di vita migliori di quelle misere stavano vivendo dopo due guerre mondiali. Ma sempre di un esodo si è trattato e di un esodo assai consistente. Ora, da anni, la situazione è cambiata e tanti immigrati vengono in cerca di lavoro e di benessere in Italia che nel frattempo è cresciuta a livelli medio alti.  Negli ultimi mesi, poi, si è aggiunta una nuova forma di immigrazione, quella degli sfortunati cittadini della Tunisia e della Libia e di altri Stati del Nord Africa.  Questi sì sono dei perseguitati perché nei loro paesi rischiano persecuzione e morte. Ci corre l'obbligo di fare tesoro della nostra esperienza di emigranti per tenere non chiuse le frontiere e le porte a questi fratelli sfortunati, che chiedono a noi  momentanea ospitalità e accoglienza. Non dimentichiamo ciò che Paolo VI  implorava oltre quarant'anni fa all'Occidente: suggeriva di lasciare parte dei proventi derivanti dallo sfruttamento delle risorse naturali quali l’oro,  il petrolio e altri metalli pregiati, nei paesi dove questi venivano prelevati.  Paesi naturalmente poveri come quelli africani. Aggiungendo che se non fosse stata applicata una corretta giustizia distributiva, quelle popolazioni alla fine sarebbero state costrette ad invadere i nostri paesi e le nostre case, a causa della miseria e dell'oppressione. E’ quanto si sta puntualmente verificando in questi giorni ed è quanto ignorano quanti dimostrano chiusura. Certamente i flussi migratori vanno programmati ed equamente distribuiti sul territorio, non soltanto italiano ma anche europeo. Nella legalità, nel rispetto delle tradizioni e dei valori religiosi del luogo e anche dei limiti occupazionali possibili. Già, proprio l'Europa, nata da grandi ideali cristiani, si dimostra ora sorda e indifferente rispetto a queste tragedie e riguardo al peso non indifferente che grava, e purtroppo graverà ancor di più, in futuro sull'Italia. Accogliere i perseguitati, gli oppressi, coloro che sfuggono dalla guerra e dalla miseria è un dovere cristiano che noi vogliamo ricordare a tutti, facendo sintesi di quella che è stata la nostra esperienza di un paese di emigrazione. Scambiarci gli auguri di Pasqua senza fare una doverosa riflessione su quanto sta capitando attorno a noi, significherebbe chiudere gli occhi davanti alla realtà. I cristiani non possono ignorare la realtà che stiamo attraversando, soprattutto quando la situazione impone gesti di carità e di accoglienza. Ecco perché l’Ucemi desidera coinvolgere in questo ragionamento  le proprie associazioni e tutti quelli che condividono lo spirito cristiano nell’ affrontare i problemi delle migrazioni. Di sicuro, l’attenzione principale dell’Ucemi è ancora rivolta ai cittadini italiani nel mondo, verso i quali non verrà mai meno l'attenzione della Chiesa italiana e ci auguriamo anche del Governo italiano.  Ai nostri politici chiediamo di non ridurre le attenzioni e i fondi necessari a governare in maniera adeguata  le dinamiche della nostra emigrazione del mondo, che costituisce il fiore all'occhiello del nostro paese. Lo ricordiamo proprio nel 150º anniversario dell'unità d'Italia, per la cui realizzazione di emigranti ebbero un ruolo considerevole. Prima che l'unità  si realizzasse in Italia, infatti, questa si era già realizzata nel mondo attraverso gli emigranti di cultura di lingua italiana, superando le logiche dei piccoli staterelli esistenti sul territorio poi diventato definitivamente italiano. Ecco perché gli emigranti sono contrari a ogni forma disgregatrice del nostro paese e a ogni contrapposizione tra territori.  Le notevoli rimesse provenienti dai paesi di emigrazione, specialmente dopo la seconda guerra mondiale, frutto del sacrificio del sudore degli emigranti, hanno contribuito a loro volta a dare sviluppo e progresso all'Italia. Questi sacrifici non possono essere ignorati e neppure dimenticati. Perciò rinnoviamo ancora volta la nostra riconoscenza agli italiani nel mondo, compresi quelli di recente emigrazione, perché mantengono vivi con ore gli ideali dell'Italia e, per quanto ci riguarda, tengono pure  vivi gli ideali cristiani, che ben si coniugano tra loro. Confidiamo che tutti gli italiani, che vivono all'estero oppure in patria, sappiano accogliere gli immigrati nel modo migliore, puntando cioè dopo la prima fase di accoglienza, alla loro integrazione all'insegna del bene comune, che non conosce confini. Da questo punto di vista, ciò che sta facendo la Caritas e la Migrantes rappresentano un esempio da imitare e da elogiare. Ci pare questo il miglior augurio di buona Pasqua a tutti i nostri emigranti e a tutti i nostri associati.
Santa Pasqua 2011
Il vicepresidente
   Luigi Papais

martedì 5 aprile 2011

9 Aprile: RITIRO SPIRITUALE PER I LAICI DELLE PARROCCHIE ITALIANE


  Sabato 9 aprile, organizzato dalla Commissione Pastorale Italiana e sostenuto dall’UCEMI, si e' tenuto a Toronto un ritiro spirituale per i laici di tutte le parrocchie italiane dell’area di Toronto.
    Nonostante l’accavallamento con altri eventi concomitanti, (come il ritiro dei gruppi di preghiera di Padre Pio in un’altra parte della città), decine e decine sono stati coloro che sono affluiti alla chiesa di St. Jane Frances, in rappresentanza di ben 9 parrocchie delle 15 che di solito partecipano a questo tipo di eventi.
   Ad attenderli, ad animarli, a rafforzarli, e dare loro motivazioni valide per resistere al secolarismo e alle seduzioni che da sempre tentano la Chiesa ( potere, prestigio e ricchezza), c’era don Francesco Armenti, un giovane diacono pugliese venuto appositivamente dall’Italia e che, bisogna dirlo, ha davvero dimostrato di avere il carisma per la guida pastorale.
Don Francesco ha esordito, con una domanda a bruciapelo fatta a tutti i presenti: “Che cosa vuol dire essere cristiani?”
Dopo una breve pausa, prendendo spunto poi dalla lettera che san Paolo ha scritto alla prima comunità da lui fondata, cioè quella dei Filippesi (Fil.2: 5-11), ha continuato: “Essere cristiani vuol dire avere gli stessi sentimenti di Cristo, cioè avere gli stessi sentimenti di quell’uomo-Dio che non si è comportato certo come un sovrano, ma come servo degli uomini, mettendo tutta la sua forza d'amore al loro servizio fino alla morte e per giunta, a una morte infamante, quella della croce.
  In questo vero e proprio rapporto d’amore, ha affermato don Francesco, Dio ci ha amati per primo, “svuotandosi della sua divinità” e accogliendo completamente la nostra umanità, con tutte le nostre debolezze e fragilità.
    Poi don Francesco ha chiesto ancora: Perchè il Figlio di Dio è diventato simile agli uomini? Per amore! - ha soggiunto.Ogni singolo gesto compiuto da Gesù è la dimostrazione massima del suo amore: il Signore si è fatto servo perché i servi si sentano signori, cioè liberi!
    C’è chi oggi va alla ricerca del prodigio, del miracolo, che dev'essere ogni volta sempre più straordinario, - ha ricordato don Francesco - mentre lo “straordinario” esiste già nell’ “ordinario” e consiste appunto in Dio che cerca l'uomo e gli propone continuamente un amore che se accolto lo fa partecipe della stessa vita divina. Fede è lasciarsi amare, essere “afferrati da Cristo”- ha detto- facendone proprie l’umiltà, l’amore, la pace, la riconciliazione e la giustizia.
Ha chiesto poi: “la chiesa e la società, secondo voi, sono due entità completamente separate?”
La chiesa, ha continuato, non è separata dalla società in cui viviamo, ma se noi ci adeguiamo a quelle che sono le dinamiche della società, molto difficilmente potremo sentire questo amore di Dio realizzarsi in noi.
Che cosa vuol dire allora essere santi ? Essere santi vuol dire essere in Cristo, essere “nel mondo ma non del mondo”, vivere una vita differente; vuol dire non vendersi, non essere complici, non scendere a compromessi con nessuno perché, se si guarda bene, in fondo quello che si cerca di colpire oggi è proprio il modello di umanità che Gesù ci ha insegnato con la sua vita. Si tratta allora di dimostrare sempre ed in ogni luogo la differenza cristiana (nella cultura, nella politica, ed in tutti gli altri ambiti) affinchè prevalga il bene comune, attraverso dinamiche di servizio, di solidarietà, di accoglienza , manifestando così in noi quegli attributi che sono propri di Dio (Lc 6,36).
Don Francesco ci ha fatto capire che solo chi è capace di rinnovarsi continuamente può rimanere in sintonia col Dio dei viventi, un Dio sempre nuovo, e che chi non lo fa, non è altro che un “morto che seppellisce altri morti”, il “guardiano della fede” che conosce tutto su Dio, ma che poi non lo sa riconoscere quando gli si presenta davanti. La conoscenza del Signore , ha detto  con enfasi don Francesco, non è nè un fatto intellettuale, nè fisico, ma è soprattutto una questione di cuore: è solo da una grande intimità con Dio che viene la sovraconoscenza.
Più che le novene, i digiuni, i ritualismi e i sacrifici, - ha detto don Francesco - citando anche il profeta Osea (Os 6,6; Mt 9,13), è l’amore vissuto (coi familiari, coi vicini e con tutti) che ci porta alla conoscenza di Dio! Noi siamo i testimoni della potenza della Resurrezione e dell’Amore, della tristezza che può essere vinta per esprimere la gioia e – ha concluso citando Charles de Foucauld – noi siamo capaci di vivere questa gioia! Poi tra canti e preghiere spontanee sono stati onorati il Santissimo e la sua Divina Misericordia. In chiusura P. Amedeo Nardone, ha avuto parole di profonda gratitudine per don Armenti: lo ha conosciuto per la prima volta quest’anno, ma ne e’ nata una grande amicizia, data dall’ essere sintonizzati sulla stessa frequenza spirituale e così – ha detto in uno scherzoso italiese – lo ha già “buccato” (prenotato) per il prossimo anno. A nome di tutti i laici partecipanti devo ringraziare l’IPC: ritiri come questo ci aiutano al cambiamento di coscienza, rendoci consapevoli che esso è possibile; abbiamo imparato che la vera forza, il motore che porta avanti la storia dell’umanità non sta nella forza dei “grandi”, ma nella “potenza dei deboli”. Il fare profetico di don Armenti infine, di quest’uomo dagli occhi profondi e dal cuore grande, ci ha insegnato che, con tutto il nostro ottimismo e creatività,  noi “siamo” la Buona Notizia, noi “siamo” l’annuncio della Resurrezione e del Dio “che viene”.        

L'annuncio originale del ritiro:
      In preparazione della Pasqua

  l’ Italian Pastoral Commission in collaborazione con
l' UCEMI (Unione Cristiana Enti Migranti Italiani)
organizza

Sabato 9 aprile dalle 10am alle3:00pm
  nella  Chiesa St. Jane Frances al 2747 Jane St.

un  RITIRO SPIRITUALE
PER TUTTI I LAICI DELLE PARROCCHIE ITALIANE
guidato da  don Francesco Armenti - giunto direttamente dall'Italia


Partecipazione libera. Ognuno ha cura del proprio pranzo.

Si suggerisce di comunicare subito la propria partecipazione
chiamando l'ufficio della chiesa ospitante (St.Jane Frances) al 416-741-1463 .