lunedì 2 maggio 2011

PADRE BRESSANI: l’apostolo della modernità che viveva tra gli Huroni.

TORONTO - Annoiato dalle derive della letteratura contemporanea, il professor Francesco Guardiani ha ripescato dal “secolo guasto” un piccolo capolavoro di “modernità tipografica” e lo ha restituito ai lettori di oggi in una veste più accessibile (con note a piè di pagina, traduzioni dal latino delle numerose citazioni bibliche, molti ritocchi interpuntivi, segmentazione dei paragrafi etc.). Si tratta della Breve relatione di padre Francesco G. Bressani, il missionario gesuita sbarcato in Canada nel 1642 per recarsi nella Missione degli Huroni, poi catturato e torturato dagli Irochesi. Una storia di eroismo e al contempo di grande umanità, che si è svolta non lontano da Toronto, nell’attuale Midland, quando il Canada era un Paese dove non si poteva “andare con altre barche che di scorza”, “senza grano né vino necessarij per il santo officio della Messa” e senza un albergo “nello spatio di più di 700 miglia”.
Il libro si può leggere come documento storico-antropologico, come testo devozionale o come repertorio d’avventure, ma su ogni chiave di lettura emerge «l’attualità inossidabile del messaggio di fratellanza di Bressani».
Il professor Guardiani, un “libridinoso” che insegna letteratura all’Università di Toronto, profondo conoscitore (ed estimatore) del ’600, esperto di Mastriani, ha riesumato l’opera dagli scaffali della Toronto Reference Library.  Guardiani, che ha avuto come maestri Northrop Frye e Marshall McLuhan, ha riconosciuto nell’impostazione programmatica dell’opera e nella prosa piana del Bressani «l’inizio di nuova cultura che porterà ai trionfi della modernità, all’individualismo e alle prime forme di democrazia moderna». È per questo che secondo lui padre Bressani è stato un apostolo della modernità e che la Breve relatione «costituisce una tessera importante del mosaico sociale che è il milieu culturale, non solo italiano ma europeo, intorno alla metà del Seicento». Secolo appestato, “guasto e corrotto”? De Sanctis si è sbagliato. «Marino, Galileo, Campanella, Bacon, Shakespeare, Lope de Vega, insomma le colonne portanti della cultura moderna, sono nati nella stessa decade e anche se non comunicano hanno gli stessi miti di riferimento, perché dove è arrivata la stampa sono arrivati gli stessi effetti. Sono i campioni di quella che McLuhan definisce la cultura dell’uomo tipografico - spiega Guardiani, che da tanti anni insegna anche un corso intitolato “Dal manoscritto alla stampa. Dalla stampa ai computer” - Insomma la letteratura a cavallo fra ’500 e ’600 presenta un “modo nuovo” di rappresentazione, per dirla con Frye, legato alle imprese di eroi fondativi di una nuova civiltà». Da qui il passo verso i gesuiti è breve. «Nel ’600 si assiste alla nascita di una dimensione evangelica, direi quasi di proto marxismo, di emancipazione delle masse. E nei primi gesuiti, dalla fondazione dell’ordine nel 1534 alla sua abolizione nel 1773, la dimensione emancipativa è molto evidente - spiega Guardiani - Il loro scopo era prima di tutto quello di dare una dimensione umana attraverso la cultura e solo dopo si interessavano all’evangelizzazione». I gesuiti, per esempio, imparavano la lingua autoctona dei popoli con i quali entravano a contatto e insegnavano loro a leggere e a scrivere. Anche Bressani quando parla della missione “stentatissima e temeraria” degli Huroni si sofferma su “le gran difficoltà d’impararne la lingua” “con la H che gli Italiani difficilmente pronuntiarebbero”.
«I primi gesuiti sono personaggi straordinari, forti, generosi, estremamente colti, l’antitesi di quello che diventeranno nell’800 quando l’ordine viene rifondato». A partire dal primo missionario Francesco Saverio, morto tentando di portare il Vangelo in Cina nel 1552, anno di nascita di un altro grande gesuita, Matteo Ricci, che compì l’impresa trentadue anni dopo. «Sono fra i protagonisti assoluti dell’epoca - dice Guardiani - eppure è da considerarsi un lusso che siano citati nelle appendici di storia della letteratura. Le lettere di Francesco Saverio, che parlano delle sue peripezie dall’India al Madagascar al Giappone, sono un libro d’avventure che raccontano di luoghi esotici dove c’è un’umanità con cui dialogare, non da ammaestrare». Sicuramente Bressani aveva letto queste storie e ne era rimasto talmente affascinato che già a 14 anni scrive al preposito generale dell’ordine, Muzio Vitelleschi, chiedendo di essere mandato in missione nelle Indie del Nord America, le più pericolose. Ma passano quattordici anni prima che si compia il “Santo viaggio” e che Bressani, ordinato sacerdote nel 1637 a 25 anni, sbarchi a “Kebek”.
La storia della missione degli Huroni, durata più di sedici anni, è quella di un “fallimento”: Bressani verrà catturato dagli Irochesi, torturato, riscattato dagli olandesi e riportato in Francia nel ’44, da dove riparte sempre alla volta del Canada l’anno successivo. Resterà nella missione di Sainte Marie fino al maggio del 1649 quando gli Huroni vengono attaccati degli Irochesi e fuggono dando fuoco al villaggio dei gesuiti. Inizia una lunga marcia verso Québec, che lascerà pochi superstiti. I padri Jean Brébeuf e Gabriel Lalemant vengono catturati e uccisi, diventando i martiri di Midland. L’epopea dei missionari in Canada, però, non finisce qui, ma qui finisce quella di Bressani, che lascia definitivamente il Paese il 2 novembre dell’anno successivo. Torna in Italia con le mani tutte rovinate dalle torture e diventa predicatore, offrendo un’appassionata testimonianza oculare dei martiri dei gesuiti.
La sua Breve relatione vede la luce a Macerata nel 1653. Quattro anni dopo viene pubblicata anche la carta geografica della “Nuova Francia”, che non aveva fatto in tempo ad inserire nella stampa del testo, e che Guardiani ha riprodotto in scala in appendice al libro. Oltre ad essere «la più bella ed accurata carta del Canada del suo tempo», è anche la riprova che Bressani, missionario, scienziato, astronomo e cartografo, domina a pieno gli strumenti messi a disposizione dalla Galassia Gutenberg e che la sua opera risponde a «un’urgente e moderna istanza di conoscenza», esempio «della nuova cultura europea omogenizzata dalla stampa».
Di LETIZIA TESI