martedì 1 febbraio 2011

IL 20 FEBBRAIO L’ATTESA CONFERENZA SULLA BIOETICA

Chi di noi saprebbe rispondere a tono se qualcuno gli chiedesse di fecondazione in vitro? Di maternità surrogata? Di eutanasia attiva e  passiva? Di testamento biologico? Di cellule staminali embrionali e adulte? E così via... …Eppure non passa giorno in cui non ci giungano notizie su qualche scoperta del mondo scientifico o di qualche legge, approvata o da approvare o semplicememnte proposta, accompagnate dalla magica particella “bio”: Bio-scienze, bio-politica, bio-etica, bio-leggi.... Le reazioni nella  nostra comunità sono tra le più diverse: interesse, ansia, noia, o magari sempre più spesso, frustrazione per non riuscire a capirci di più. La complessità scientifica e le differenti visioni  che ispirano questa o quella iniziativa legislativa suscitano infatti reazioni spesso contrapposte, caratterizzate da una carica ideologica che danno al tutto una venatura di pregiudizio.
 Il dono della vita però chiede all'uomo, e in particolare ai cristiani, di prendere coscienza del suo inestimabile valore e di assumerne la responsabilità. Questo principio fondamentale deve essere messo al centro della riflessione, per chiarire e risolvere i problemi morali sollevati dagli interventi sulla vita nascente e sulla vita morente. In virtù del progresso delle scienze biologiche e mediche, l'uomo, mentre dispone di sempre più efficaci risorse terapeutiche, può pure acquisire poteri nuovi dalle conseguenze imprevedibili sulla vita umana, specie sulle sue frontiere iniziale e terminale. Varie possibilità oggi permettono di intervenire anche per dominare i processi della procreazione. Se da una parte l'uomo è in grado di prendere in mano il proprio destino, dall’altra è esposto al rischio di andare oltre i limiti di un ragionevole dominio sulla natura.
Nasce così, nelle nostre parrocchie un urgente bisogno di sapere qualcosa in più della bioetica e di cosa tratta, affinché vengano tutelati, in presenza di detti interventi, i valori e i diritti della persona umana.

È quindi lodevole il tentativo da parte dell’UCEMI che (in collaborazione con  il Canadian Catholic Bioethics Institute e l’IPC e) organizza per il prossimo 20 febbraio una conferenza dal titolo “Bioetica: dignità umana, morte e cure palliative” per fare entrare la comunità italiana, magari in punta di piedi, ma in maniera decisa, nel mondo della bioetica. Senza toni accesi, polemiche, pregiudizi, lotte verbali, ma con il desiderio di capirci semplicemente di più, quella Domenica pomeriggio nella sala della chiesa di St. Bernard (
1789 Lawrence Ave), il Dott. Luigi Castagna, noto pediatra e neurologo oltre che presidente del Comitato di Ricerca Bioetica dello Scarborough General Hospital, dopo un’inquadratura generale della Bioetica tratterà particolarmente, visto il grande numero di anziani nella nostra comunità, dell’assistenza agli anziani, delle cure palliative e dei problemi legati al “fine vita”, uno dei più grandi, se non il massimo problema della Bioetica.
La morte, si sà, non può essere nè cambiata nè eliminata, ma è sotto gli occhi di tutti che il morire oggi è molto diverso da quello di una volta, grazie alle tecnologie mediche che hanno esteso la vita e fatto divenire il morire spesso un processo prolungato, piuttosto che un evento improvviso. Oggi, le persone con reni difettosi possono sopravvivere in dialisi per 20 anni o più. Persone affette da cancro incurabile possono vivere per mesi o anni con le radiazioni e la chemioterapia. Le vittime di incidenti d'auto, che una volta sarebbero morti di trauma cranico, possono essere tenuti in vita da ventilatori e tubi di alimentazione. Nel frattempo però, le terapie salva-vita, pur salvando da quelle evenienze che una volta uccidevano improvvisamente, come l’infarto, per un numero crescente di persone significano anche la possibilità di finire in complicazioni croniche o di peggiorare fino agli stati di demenza.
Date queste tendenze, gli interrogativi sulla qualità della vita al suo fine, e l'assistenza ai malati terminali hanno assunto una grande importanza e complessità senza precedenti, coinvolgendo la politica, il diritto, l’etica e l’ economia. Cosa succede, ad esempio,  se un paziente rifiuta il trattamento? Che fare con soggetti in rianimazione o in stato vegetativo? Cosa succede se un paziente terminale non ha più la capacità di prendere decisioni? Che cosa succede se la famiglia non è d'accordo con i suoi desideri? Quanto possono essere utili “le direttive anticipate” come il “testamento biologico”? Se dei trattamenti possono mantenere in vita una persona per altri mesi, settimane, o giorni, quando e da chi dovrebbero essere fatti? Bisogna prolungare la durata della vita a qualsiasi costo? Anche a prezzo di una grave disumanizzazione, della perdita delle residue abilità di relazione del paziente? Bisogna affidare sempre la scelta dei tempi del morire ai medici e medicalizzare anche ciò che non può essere medicalizzato?
Chi si prende cura dell’operato di medici e infermieri? Che intendiamo per morte? Quando avviene? Come si accerta?
                Con la generazione demografica dei “baby boomers” che si sta incamminando verso questa fase della vita e con le cure di fine-vita che consumano già più del 10% del bilancio annuale di assistenza sanitaria, non fa meraviglia che queste e altre domande continuino a suscitare discussioni, sondaggi e in ultima analisi desiderano una risposta.