Siamo giunti, anche quest'anno, alle festività pasquali che, per i cristiani, rappresentano un momento di riflessione e di gioia alla luce del Cristo risorto. In vista di queste festività ci si scambia sempre gli auguri e gli auspici di pace. Questi auguri sono ancora più calorosi se rivolti a chi ha lasciato la loro patria, come fece a suo tempo il popolo d'Israele, per cercare altrove maggiore fortuna di quanta non abbiano avuto nella terra in cui sono nati. Gli emigranti italiani, a dire il vero, sono andati all'estero non perché perseguitati (tranne che durante il fascismo) ma per cercare condizioni di vita migliori di quelle misere stavano vivendo dopo due guerre mondiali. Ma sempre di un esodo si è trattato e di un esodo assai consistente. Ora, da anni, la situazione è cambiata e tanti immigrati vengono in cerca di lavoro e di benessere in Italia che nel frattempo è cresciuta a livelli medio alti. Negli ultimi mesi, poi, si è aggiunta una nuova forma di immigrazione, quella degli sfortunati cittadini della Tunisia e della Libia e di altri Stati del Nord Africa. Questi sì sono dei perseguitati perché nei loro paesi rischiano persecuzione e morte. Ci corre l'obbligo di fare tesoro della nostra esperienza di emigranti per tenere non chiuse le frontiere e le porte a questi fratelli sfortunati, che chiedono a noi momentanea ospitalità e accoglienza. Non dimentichiamo ciò che Paolo VI implorava oltre quarant'anni fa all'Occidente: suggeriva di lasciare parte dei proventi derivanti dallo sfruttamento delle risorse naturali quali l’oro, il petrolio e altri metalli pregiati, nei paesi dove questi venivano prelevati. Paesi naturalmente poveri come quelli africani. Aggiungendo che se non fosse stata applicata una corretta giustizia distributiva, quelle popolazioni alla fine sarebbero state costrette ad invadere i nostri paesi e le nostre case, a causa della miseria e dell'oppressione. E’ quanto si sta puntualmente verificando in questi giorni ed è quanto ignorano quanti dimostrano chiusura. Certamente i flussi migratori vanno programmati ed equamente distribuiti sul territorio, non soltanto italiano ma anche europeo. Nella legalità, nel rispetto delle tradizioni e dei valori religiosi del luogo e anche dei limiti occupazionali possibili. Già, proprio l'Europa, nata da grandi ideali cristiani, si dimostra ora sorda e indifferente rispetto a queste tragedie e riguardo al peso non indifferente che grava, e purtroppo graverà ancor di più, in futuro sull'Italia. Accogliere i perseguitati, gli oppressi, coloro che sfuggono dalla guerra e dalla miseria è un dovere cristiano che noi vogliamo ricordare a tutti, facendo sintesi di quella che è stata la nostra esperienza di un paese di emigrazione. Scambiarci gli auguri di Pasqua senza fare una doverosa riflessione su quanto sta capitando attorno a noi, significherebbe chiudere gli occhi davanti alla realtà. I cristiani non possono ignorare la realtà che stiamo attraversando, soprattutto quando la situazione impone gesti di carità e di accoglienza. Ecco perché l’Ucemi desidera coinvolgere in questo ragionamento le proprie associazioni e tutti quelli che condividono lo spirito cristiano nell’ affrontare i problemi delle migrazioni. Di sicuro, l’attenzione principale dell’Ucemi è ancora rivolta ai cittadini italiani nel mondo, verso i quali non verrà mai meno l'attenzione della Chiesa italiana e ci auguriamo anche del Governo italiano. Ai nostri politici chiediamo di non ridurre le attenzioni e i fondi necessari a governare in maniera adeguata le dinamiche della nostra emigrazione del mondo, che costituisce il fiore all'occhiello del nostro paese. Lo ricordiamo proprio nel 150º anniversario dell'unità d'Italia, per la cui realizzazione di emigranti ebbero un ruolo considerevole. Prima che l'unità si realizzasse in Italia, infatti, questa si era già realizzata nel mondo attraverso gli emigranti di cultura di lingua italiana, superando le logiche dei piccoli staterelli esistenti sul territorio poi diventato definitivamente italiano. Ecco perché gli emigranti sono contrari a ogni forma disgregatrice del nostro paese e a ogni contrapposizione tra territori. Le notevoli rimesse provenienti dai paesi di emigrazione, specialmente dopo la seconda guerra mondiale, frutto del sacrificio del sudore degli emigranti, hanno contribuito a loro volta a dare sviluppo e progresso all'Italia. Questi sacrifici non possono essere ignorati e neppure dimenticati. Perciò rinnoviamo ancora volta la nostra riconoscenza agli italiani nel mondo, compresi quelli di recente emigrazione, perché mantengono vivi con ore gli ideali dell'Italia e, per quanto ci riguarda, tengono pure vivi gli ideali cristiani, che ben si coniugano tra loro. Confidiamo che tutti gli italiani, che vivono all'estero oppure in patria, sappiano accogliere gli immigrati nel modo migliore, puntando cioè dopo la prima fase di accoglienza, alla loro integrazione all'insegna del bene comune, che non conosce confini. Da questo punto di vista, ciò che sta facendo la Caritas e la Migrantes rappresentano un esempio da imitare e da elogiare. Ci pare questo il miglior augurio di buona Pasqua a tutti i nostri emigranti e a tutti i nostri associati.
Santa Pasqua 2011
Luigi Papais